L’altro giorno, mentre fuori pioveva, toh, che strano, guardavo un po’ di video sul tubo e mi sono imbattuto casualmente in questo, http://youtu.be/UqGdBiS4fM8. Dagli anfratti del semi oblio mi sono immediatamente ritornati alla memoria i ricordi del giro in mtb più epico, quello che mi ha fatto penare di più per la fatica, ma, allo stesso tempo, ha rappresentato per gli anni a seguire un modello di sintesi perfetta fra impegno fisico, bellezze paesaggistiche, funriding e una certa dose di avventura tipica dei viaggi in bici, alla fine probabilmente la cosa più importante. Era la fine degli anni ’90, l’evoluzione della mtb era ancora ai primi stadi, le nostre full erano terribilmente instabili nonostante le improbabili forcelle a doppia piastra (!), la nostra tecnica era pure abbastanza approssimativa e pure l’abbigliamento non scherzava, le foto si facevano ancora sui rullini da 36 pose, però in Dolomiti si poteva scorrazzare liberamente sui sentieri in piena estate, e, beh, scusate se è poco. L’idea di fare una traversata di più giorni in completa autonomia, cioè con tenda, sacco “a pelo”, fornello etc., ci era venuta, a me e al mio socio (ciao Valter!) dopo anni di frequentazioni dolomitiche: il piano di battaglia prevedeva di passare ai piedi delle più grandi cime cercando i sentieri più belli e accampandoci la sera dove capitava e quando le forze ci avrebbero abbandonato, dal Passo Sella a Calalzo di Cadore, passando in rassegna Sassolungo, Sciliar, Catinaccio, Vajolet, Marmolada, Civetta, Pelmo e Antelao… ‘sticazzi, non ci siamo fatti mancare niente!!! Alla fine di otto giorni indimenticabili, affrontati non certo con velleità agonistiche bensì edonistiche, avevamo percorso 165 km, saliti 4600 metri, e fatte discese per 8400 metri, grazie all’utilizzo intelligente di varie funivie 😉 tutto calcolato senza gps o altimetri, quindi molto approssimativo, e sempre con addosso zaini alti come condominii, un massacro per le spalle e le zone sensibili del ciclista… In giri simili può capitare di tutto, tipo montare la tenda al buio e scoprire la mattina dopo la parete della Marmolada sopra le nostre teste, arrivare di sera al Rif. di Passo Principe vestiti da bikers e vedere il gestore uscire a verificare se veramente avevamo le bici fuori, scendere un ghiaione ripido bici a mano con lo zaino traballante e mettersi a saltare a piedi uniti, finire il giro con la suola delle scarpe disfatte ( vedi prima), essere circondati in tenda in una notte di luna piena da un branco di cavalli allo stato libero, che neanche in un film western, o fare una discesa di 1000 metri la mattina presto a stomaco vuoto, arrivare in paese, fare la spesa dopodichè sedersi sulle panchine di un giardinetto pubblico e mangiare per un’ora e mezza di seguito, colazione e pranzo riuniti. Vabbe’, ho deciso: per la prossima estate mi compro il sacco da bivacco in goretex, mal che vada lo userò al mare in Istria.
