Luglio 2007, stanco dei soliti giri una limpida mattina d’estate carico la bici in auto e parto per Sella Nevea con l’idea balzana di non dare neanche un colpo di pedale in salita, ma neanche prendere la funivia del Canin che era la cosa più logica da fare. Quindi, caricata la bici in spalla, salgo per il sentiero 637 fino sotto le avveniristiche pareti del Robon, arrivo alla conca sotto il bivacco Modonutti-Savoia e proseguo seguendo lo stesso segnavia CAI in totale ambiente carsico sotto le pareti del Cergnala e Leupa e al bivio con il 636 che scende da Sella Leupa do’ sfogo a tutti i miei istinti masochistici per risalire anche questo bel troj carsico per massimizzare il dislivello in discesa, al tempo stare sotto i 900-100 metri per gita era quasi una vergogna. Della discesa sulla magnifica mulattiera del Poviz, percorso freeride oggi di moda, in quegli anni un po’ meno, non ho neanche una foto, video neanche a parlarne, ma ero talmente entusiasta del sentiero e dell’ambiente circostante che ho tirato dritto in piena bike trance fino a Sella Nevea, l’ho rifatto altre volte ma la prima non si scorda mai.
Traversata fantastica che completa con le precedenti gite un ideale trittico di Sella Nevea, su terreno che più carsico non si può, per l’ambiente paragonabile alla Premužiceva Staza del Velebit però più enduristica, certo che portarsi la bici in spalla per 700 metri, lo riconosco, non è da consigliare ad un frequentatore di bike park, se vuoi abbinare la visita alle incredibili pareti del Robon alla discesa del Poviz non hai però alternative a meno di ricorrere all’uso dell’elicottero, beato chi può.