Già conosciuta come Strada degli Ulivi e battezzata dallo scrittore triestino Paolo Rumiz noto per i suoi racconti di camminate e bevute, le seconde non inferiori alle prime. L’idea di tagliare l’Istria in due con un percorso in mtb da Trieste a Premantura è senza ombra di dubbio allettante, abbastanza impegnativa fisicamente e molto consigliabile a settembre-ottobre quando le temperature sono più miti, i turisti se ne sono quasi tutti andati e le strade sono meno trafficate. E’ un itinerario di 160 km circa e 2500 metri di dislivello, ma bisogna tenere conto anche dei probabili e frequenti errori di percorso, vista la complessa rete di sentieri, sterrate e stradine del territorio, anche contando sul gps che qui non sempre è d’aiuto vista la scarsità di una cartografia aggiornata, utili a questo proposito le OpenStreetMaps utilizzabili con le varie app sui telefonini intelligenti, molto consigliabile Gaia GPS. I quattro giorni che ci attendono saranno sotto l’insegna del motto “Life Is Simple Bike Beer Bed” come stampato sulla maglietta comprata su ebay, e il collaudato compagno di viaggio sarà Stefano, con lui ho già fatto svariati tour compreso quello sulle isole dalmate di due anni fa, un tipo apparentemente calmo nonostante la sua propensione al moto perpetuo, per così dire, al non star mai fermo più di tanto nello stesso posto. E comunque ho in mente di adottare una particolare strategia per salvarmi i quadricipiti: ogni tanti km mi inventerò qualche piccola noia meccanica, un piccolo fastidio fisico o la voglia di fare una foto che mi costringeranno a fermarmi, ecchecazzo sono in ferie mica ad una gara di xc, io lo odio il crosscountry.
Partiamo da Bagnoli della Rosandra alle 8 di mattina di sabato, caffè e brioche al baretto del paese e poi su in salita a Prebenico. Non salgo sulla bici da un mese e a peggiorare le cose scopro di avere le pastiglie che toccano i dischi, ho montato il nuovo set di ruote con le Maxxis Crossmark da 2,25″ per i giri easy ma non ho dedicato abbastanza tempo alla regolazione delle pinze dei freni, con il risultato di faticare da subito più del dovuto. Vabbè’, è solo l’inizio ed è giusto partire piano se si vuole andare lontano. A San Servolo trovo Stefano che mi aspetta al primo bivio, gli dico dei freni e la cosa lo diverte, non immagina ancora cosa l’aspetta l’indomani… ma cos’è un viaggio senza quei piccoli imprevisti che apparentemente ti fanno perdere tempo. Oltrepassato il castello di Socerb si entra nell’altopiano e subito davanti a noi la stradina si srotola nella più classica delle lande carsiche, il sole già scalda e il cielo sereno mi mette buonumore, è l’inizio della fantastica cavalcata dell’Istria Divide. Conosco già il posto, d’inverno vengo spesso a Hrastovlje e ho collezionato negli anni diversi giri in bici tanto da permettermi di scegliere il percorso più adatto alla mtb fino a Gračišče perché il percorso di Rumiz non si adatta proprio al nostro mezzo. Passiamo sopra la falesia di Crni Kal, ravaniamo un po’ per oltrepassare la ferrovia e bici a mano camminiamo sul ciglione per un breve tratto prima di divallare a Podpec. Fantastico il momento quando attraversando le rotaie avverto Stefano che bisogna stare attenti che ogni tanto passa il tr… neanche detto che da dietro la curva appare la locomotiva, anche stavolta siamo salvi. Dalla ferrovia una bella mulattiera ci fa scendere velocemente a Podpec e quindi a Hrastovlje, addobbata per non so quale festa in collaborazione con l’Università di Trieste e noi approfittiamo per berci una coca. Lasciamo con un pizzico di dispiacere i tavoli affollati di studentesse per lo più straniere per affrontare una salita stranamente melmosa, il fango sarà la sorpresa di tutto il giro dopo le inusuali piogge estive di quest’anno. Ripresa la strada asfaltata a Kubed non ci resta che pedalare verso sud, a Gračišče deviazione a sinistra per San Quirico: arrivare alla chiesetta con cimitero sotto il sole a picco e il caldo pazzesco che neanche in tutta l’estate è una fatica non da poco, per fortuna la discesa successiva ci rinfresca a dovere e arriviamo in un baleno al confine sloveno. Sorpresa, alla dogana ci chiedono i documenti, ma non siamo tutti in Europa ormai? Al confine croato invece sembra tutto abbandonato, non c’è nessun controllo e la cosa ci piace, ancora di più il tratto di strada che segue in una bucolica valletta con dei paesini sparpagliati qua e là fino alla confluenza della valle del Quieto, oh, guarda che nome, il gioco degli opposti… Siamo subito assaliti dal profumo di porchetta alla brace della konoba sulle rive del fiume, la fame ci assale di colpo e allora vai con la prima Ozuisko, cevapčiči e patate che la porchetta non è ancora pronta, ma usata come esca ha funzionato a dovere.
La strada per Montona è piatta e veloce, maciniamo km in agilità e al ponte diciamo ciao al Quieto e iniziamo l’ultima salita della giornata, la peggiore dato il caldo, la sete e la fatica accumulata in questi 68 km e 1750 metri di dislivello positivo, ma bene o male entriamo nella rocca in cima ala rupe in mezzo al solito sciame di turisti e ci fondiamo al baretto della Piazza di Sopra per la mega birra che ci spetta. Ci sediamo all’ombra degli ippocastani vicino ad un gruppo di biker germanici che fanno un casino bestiale, si capisce anche dalle bici pulite e senza bagagli vicino alle nostre, infangate e decisamente più vissute, che devono aver fatto ben poca strada. Ma il bello deve ancora arrivare: a turno uno di loro prende la bici a mano e senza zaino scende a piedi il selciato ripido sotto la Porta Castellana che con una curva scende dalla sommità del colle, poi sale in bici e si rifà la salitina ciottolata sui pedali: appena compare alla vista dei compagni seduti ai tavolini del bar tutti loro si alzano in piedi schiamazzando in modo esagitato e parte una specie di ola fragorosa, qualcuno filma col telefonino qualcuno con una telecamera vintage e lo spettacolo si ripete tre-quattro volte sotto il nostro sguardo allibito, gli scappa pure qualche frase sugli “italiener” evidentemente rivolta a noi, e allora un “light a fan cool” sottovoce ci scappa pure a noi, altro che alpenstock di stocazzo. Dopo questi nobili e raffinati pensieri ci alziamo dalla sedia rinfrancati e abbastanza orgogliosi di noi stessi, pronti per il giro delle mura e townhill finale con slalom improvvisato fra i turisti fino ai piedi della collina di Montona, perché noi le discese a piedi non le facciamo mai.
Il pernottamento all’agriturismo “Da Toni” a San Pancrazio, a due chilometri di distanza, è il giusto premio alle fatiche della giornata, immerso nel verde e in mezzo ad ogni tipo di animale compresi i nostri cugini, gli asini, cena sublime a base di simil strozzapreti con il tartufo, carne alla griglia e malvasia di produzione locale, e per digestivo lo sconosciuto “viski” fatto con vischio appunto e miele, un vero nettare che ci ha catapultato in mezz’oretta tra le braccia di Morfeo.