Come i bambini aspettano la notte di Santa Lucia, o San Nicolò o la Befana, quello che è, così ogni anno io aspetto settembre-ottobre per fiondarmi a Cortina d’Ampezzo nel più grandioso bike park naturale del mondo, e per bike park non intendo quelli con i manufatti in legno. Il rifugio Palmieri ha sempre rappresentato, dagli anni giovanili delle prime settimane “verdi” a Cortina, il mio peggiore incubo di biker, tanto che una volta ho avuto una vera e propria crisi di nervi, la famosa sindrome del Quarto Giorno (di Fatiche), a momenti giravo la bici a 180° per tornarmene a valle e abbandonando i miei compari divertiti a guardarmi così alterato. Bisogna sapere che questa salita non è sempre stata asfaltata come oggi, era proprio una sterrata micidiale ammazza gambe dal fondo molto sconnesso, divertente in discesa ma non nell’altro senso. E’ con una certa soddisfazione che l’altro giorno l’ho fatta con la ebike abbastanza agevolmente, però la pendenza mi ha ancora impressionato, non entrava neanche il 37 dietro e sono dovuto pure scendere in un tratto, ma che iene eravamo a 30 anni? Per la cronaca “Siete iene” è stato il complimento più bello mai ricevuto da un arzillo cortinese in là con le primavere al ritorno dauna Travenanzes + Posporcora nei favolosi ’90…
Naturalmente la gita non deve considerarsi terminata al rifugio, c’è da salire, stavolta con molta più facilità, alla Forcella Ambrizzola e possibilmente continuare fino alla Forcella Col Duro per godersi un panorama esagerato sulla mitica Triade di Antelao, Pelmo e Civetta in un colpo solo, senza dimenticare i Lastoi di Formin e la sagoma addolcita del Mondeval, non so se mi spiego, siamo nel mezzo delle più belle montagne al mondo.
Ridiscesi al Palmieri ci aspetta il sentiero 431, tipica mulattiera cortinese nel bosco, bella e veloce senza problemi fino al bivio con il 428, io ho continuato a sinistra sul 431 che poi peggiora diventando viscido, scavato dall’acqua e abbastanza assurdo per gli standard del posto, ma niente che possa minimamente intaccare la riuscita della gita, e poi a seguire una serie di sentieri e stradelle fino a Zuel con visita finale al trampolino olimpico del 1956, grande esempio di archeologia industriale montana. Qui doveva esserci l’ultimo sentiero della giornata per arrivare all’auto ma gli schianti nel bosco mi hanno tolto di bocca la famosa ciliegina sulla torta, peccato. In conclusione di giornata scena abbastanza surreale: mentre scendo a piedi con la bici a mano fra l’erba alta nelll’ultima parte dello scivolo sotto il trampolino un ragazzo da solo nel campo di calcio sottostante tira calci al pallone in porta.
Le giornate di bici a Cortina non sono mai banali.